Nei fumi dei gas di scarico e nei sentori grevi degli incendi di plastica e altri detriti mi colpisce il penetrante profumo del glicine fiorito e dei pittosfori che evocano il buio vibrante e la dolcezza sontuosa di notti orientali
Un merlo è caduto stecchito sul cemento
Giace sul dorsocon le zampine rattrappite, gli occhiettti devastatiche non vedranno più un'alba e il becco giallo-arancione appena schiuso
La torre sul promontorio pietroso e scosceso da secoli se ne sta immobilea guardare altre torri in corrispondenza visuale Ai piedi della scogliera diruta, s'apre una spiaggetta di sassi levigati verso cui discende un sentiero tortuoso immerso tra euforbie selvatiche e disi taglienti Il mare è intensamente azzurro, la superficie levigata dalla calma di vento, e il greto sassoso è gremito di gabbiani che spiccano il volo non appena avvertono una presenza estranea Poco prima di abbandonare il sentiero, lo sguardo del viandante è offeso da un copioso deposito di monnezza e da innominabili lordure stratificate, lasciate negli anni dai gitanti domenicali Tanto, anche se qui torneranno più volte ancora a sollazzarsi, i rozzi gitanti sanno che questo luogo non è casa loroe può essere sporcato e degradato a volontà
Ma la vegetazione selvaggia crescendo irruenta copre tutto, stendendo sul marciume un manto verde che delle sostanze degradibili si nutre
Vis sanatrix naturae!
Un lieve odore di decomposizione aleggia nell'ariasul greto di sassi
Un pesce morto, forse, o un mollusco spiaggiato oppure la carogna di un volatile ma è un odore lieve e fa parte della natura
Gabbiani, a frotteal largo, gli stessi che prima indugiavano pigri sui sassia scaldarsi al sole ora se ne stanno a flottare nell'acqua tranquilla, in gruppi compatti,come paperelle o gallinelle d'acqua, ma poi si levano in volo disturbati da una barca di pescatoriin arrivo con un motore sputacchioso e ansimante a gettare le sue reti
Saranno un centinaio e forse di più
Altri se ne stanno arroccati sullle balze dell'alta scogliera. Ci s'immmagina che stiano immobili come sentinelle a vegliare gelosamente sui propri terreni di cova
Ci osservano, pronti a cogliere segnali di pericolo E altri si stagliano vigili, ancora più in alto, sui merli e sulla sommità dell'antica torre di guardia
Lanciano grida e strepiti, un'infinita varietà di gorgheggi
Si alzano imponenti, scivolano d'alaoppure planano a volo radente sulla liquida superficie e poi con grazia si posano chiudendo sul corpo globulare le grandi ali con un unico movmento fluido
Parlano tra loro, anche, in tempi che sono a noi estranei
Il luogo è loro, noi - sempre - saremo soltanto ospiti e osservandoli potremo soltanto dire grazie per la bellezza che ci è offerta allo sguardo
Noi moriremo e loro rimarrano, a fare da guardiae ad accompagnare il nostro transito con le loro strida
Un giorno la Natura violatasi vendicherà dei soprusi, della violenza e delle brutture che le sono state inflitte
Ritorcerà su di noi la nostra hubris
Già lo sta facendo: bisogna saper cogliere i segni
Quando ciò accadrà,proprio i gabbiani da fieri custodisi trasformeranno nei nostri giustizieri e ci trafiggeranno cuore e occhi con becchi affilati
Un eremo sul colle, cipressi e pini alle spalle, croci, crocifissi, lapidi, angeli benedicenti figure dolenti, pietrificate nel loro dolore fiori freschi, vivi, appena recisi fiori appassiti, fiori artificiali, scale impervie e sentieri muschiosi, piccole piante erbose cresciute tra gli interstizi della pietra perchè la vita è sempre prepotente, anche nei luoghi di morte e transito
In questo luogo senza tempo vorrei stare disteso, con gli occhi chiusi, su di una lastra di marmo battuta dal sole del primo meriggio con il mare lontano all'orizzonte e i monti attorno sormontati da antiche fortezze a riscaldarmi come una lucertola, ad ascoltare lo stormire del vento tra le foglie
Starei bene lì, su quella pietra, fantasticando di poter divenire io stesso marmo, indugierei pigro, pur sapendo che, dopo il sole, il freddo della notte catturerà il mio corpo sin dentro alle ossa
Ossa e cenere questo siamo e diventeranno i nostri corpi che sono solo simulacri, involucri vuoti, gusci spezzati
Attorno a me, sento il mormorio di mille voci, intrecciato con la voce del vento
Ognuna racconta una storia, preghiere, invocazioni, per essere ricordato e ognuna dice qualcosa per mezzo delle scritture ultime lì collocate, alcune tracciate su pagine di marmo
Voci di adulti che hanno vissuto pienamente, e andati via al termine di vite operose, di bambini e giovani troppo presto strappati alla vita di giovani partiti in guerra le cui spoglie non hanno mai fatto ritorno, mentre qualcuno attendeva inconsolabile, tre fratelli uccisi nello stesso istante dall'esplosione di un ordigno
Foto antiche mi guardano dai loro ovali immagini in bianconero o virate in seppia, un po' sfocate dall'aspetto antico, anche quelle di defunti d'oggi
Dai tondi o dagli ovali, aperti come tante finestrelle sulle lapidi, i defunti sembrano occhieggiare da un altro tempo e da un altro luogo con sguardi allegri o tristi, qualche volta pensosi
Ieri ero in un cimitero, Oggi sono in un altro, domani non so. Quale sarà il mio? Qaundo arriverà il mio momento?
Eppure, mi piace questo silenzio, mon m'inquieta stare in questo spazio risonante di scritture ultime
E' un silenzio che dà pace e vorrei stare in questo luogo di quiete a riposare e a sognare la fine di tutte le cose quando non ci sarà più nulla da desiderare
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni (Salmo 23)
Un tempo si strappava un foglietto dal calendario in cui ogni giorno del mese era scritto in grandi numeri rossi: un singolo foglietto per ogni giorno. Tutto l'anno era rappresentato da un blocco di 365 foglietti e, guardandone lo spessore che si riduceva, avevi il senso del tempo trascorso
Da bambino, strapparli era un privilegio che mi era riservato e, in una scatola, conservavo gelosamente i giorni trascorsi, come fossero preziose reliquie
Erano un po' appiccicati l'uno all'altro
Ricordo vividamente che mi costava un po' di fatica levare il foglietto vecchio e far venire alla luce quello nuovo: cercavo di farlo con cura, perchè non volevo che quei foglietti si strappassero. Sarebbe stato come distruggere i giorni passati, profanare quelli futuri: certo, una cosa non di buon auspicio
In questo, nell'archiviare il giorno appena trascorso, procedevo con prudenza con delicatezza, benchè volessi bruciare le tappe
Mi chiedevo come sarei stato nell'allora mitico anno 2000 che mi pareva lontanissimo, quasi irraggiungibile, Cosa avrei fatto? - mi domandavo - senza poter trovare risposte e facevo il computo dell'età che avrei avuto, impaziente di andare avanti
Quei foglietti strappati, mi davano il senso del tempo che scorreva, come le foglie morte d'autunno, il lento cangiare dei colori, l'arrivo delle prime pioggie e del freddo e, ogni tanto, per noi gente del Sud, anche l'effimero biancore d'una nevicata e credevi nella ciclicità, nei ritorni e nei ricorsi
Oggi, invece, non te ne accorgi più
Vai avanti un giorno appresso all'altro.
Si consumano, i giorni, come chicchi di riso allineati, che scivolano attraverso il collo d'una clessidra gigante ma quelli passati sono perduti per sempre non ritorneranno a passare una seconda volta
Poi, all'improvviso, vedi che sono arrivati i primi rondoni ad intrecciare i loro voli, il glicine è fiorito e riempie l'aria di inebriante profumo e altri profumi sontuosi ti entrano nelle narici e gli uccelli si accoppiano
E' la primavera che continua ad arrivare, malgrado tutto e, ogni tanto, te ne accorgi e sorridi rinvigorito davanti alla vita che ritorna e riempe l'aria che respiri
Quando uno comincia qualcosa, non è che lo sa esattamente, dove andrà a finire. Comincia per gioco, perchè ne ha voglia, perchè gli sembra che sia la cosa giusta da fare, insomma, senza un motivo particolare - tutte le cose, mi sembra, nella vita cominciano così. Poi di colpo ti guardi attorno e capisci che hai fatto un sacco di strada per arrivare proprio lì, in quel preciso istante a fare quella precisa cosa dalla quale dipende un bel po' della tua vita futura. (Simona Vinci)
Pavoni camminavano/ sotto gli alberi della notte/nella luce perduta/ della luna/ quando uscii fuori/ in cerca d'amore/ quella notte// Un colombo pigolava in colombaia// Una campana suonò due volte/ una per la nascita/ e una per la morte/ dell'amore/ quella notte (Lawrence Ferlinghetti) La sofferenza è la pietra molare su cui affilare la propria identità(Valerio Magrelli)
Sono medico, con specializzazione in Psichiatria nel cui ambito mi sono orientato soprattutto alla pratica della psicoterapia. Dal 2006, sono anche giornalista pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti della Sicilia.
Ho praticato numerosi sport tra i quali il canottaggio e la canoa agonistici.
Dal 1988, ho cominciato a praticare la corsa amatoriale sulle lunghe distanze: dopo il mio "battesimo" di corsa con la "classica" e mitica Maratona di New York nel 1988, ho partecipato, concludendole, a più di 200 gare tra maratone ed ultramaratone. Sono figlio del giornalista siciliano Francesco Crispi, prematuramente scomparso nella sciagura aerea di Punta Raisi, e nel blog che ho appena avviato "Francesco Crispi. Chi era" intendo riversare tutte le conoscenze e i materiali documentari relativi a mio padre e alle sue opere che, purtroppo, allo stato attuale, non hanno mai avuto nella rete, sinora, alcuna visibilità.
Per contatti e per l'invio di materiali aneddotici e documenti pertinenti riguardanti mio padre e le sue attività giornalistiche,
il mio indirizzo mail è il seguente: maurizio.crispi@gmail.com